Ballottaggi a senso unico: ma parlare di “un vento di destra” non spiega nulla

Di Gerardo Valentini

L’ammissione quella sì, è finalmente arrivata. E ci mancherebbe altro, dopo questa ulteriore e indiscutibile vittoria del centrodestra. O della destracentro. Come è stato detto per sminuirla (i soliti sovranisti-populisti-postfascisti…) e come invece è la pura verità, visto il ruolo trainante di Fratelli d’Italia e specialmente di Giorgia Meloni.

«Una sconfitta netta», ha riconosciuto Elly Schlein. Subito dopo, però, ha aggiunto che «il voto conferma che soffia ancora un vento di destra». E la stessa identica formula, guarda caso, campeggia nel titolo di apertura a tutta pagina di Repubblica: “Il vento della destra”. Dove il riferimento va al di là delle Comunali nostrane e si estende a quello che è accaduto nelle Amministrative che si sono appena svolte in Spagna. Portando lo Stato iberico “al voto anticipato dopo il tracollo socialista che apre la strada a Popolari e Vox”.

Chiaro: il linguaggio è figurato e sia i politici che i media lo usano a piene mani. In teoria puntano all’immaginario collettivo. Di fatto sprofondano nel luogo comune. Si illudono di essere efficaci e sono solo ripetitivi. La banalità della forma riflette la pochezza della sostanza.

Anche in questo caso, ancora una volta, è proprio l’approccio a essere sbagliato. La metafora in chiave meteo tende a ridurre il poderoso successo degli avversari a un fenomeno passeggero: il vento si leva e poi cade. Basta aspettare. 

Superbi e quindi ottusi. Ma tuttora pericolosi

Per il PD e dintorni è così. E non può essere che così. 

La loro mentalità è questa ed è refrattaria al cambiamento. A un ripensamento profondo e sincero che non sia solo una mossa in chiave tattica. Ovvero, l’equivalente politico di una campagna di marketing. In cui a cambiare è solo, o più che altro, la confezione. 

La confezione o il testimonial. Il segretario-testimonial. Elly Schlein, appunto. Così moderna, così internazionale, così trendy. Wow: ha fatto la volontaria negli USA, nei comitati pro Obama. Doppio wow: non ha paura di farsi intervistare da Vogue e di dire che ha una consulente per lo shopping e un’altra, l’ormai citatissima “armocromista”, per scegliere i colori degli abiti più adatti alla sua carnagione. Sacrosanto: chissà quante donne, giovani, fanno altrettanto o lo farebbero volentieri. Donne, ma anche uomini. Uomini, ma anche individui “fluid gender”. Tutti da coccolare. Da includere. Da portare, o riportare, alle urne. 

L’operazione è stata questa. E sarebbe bene non dimenticare i toni entusiastici che avevano accompagnato l’elezione-exploit, decretata dai gazebo a fine febbraio. All’insegna del “non ci avevano visti arrivare” e della riscossa a portata di mano.

Solo che il marketing, per fortuna, non è proprio la stessa cosa della propaganda politica. E anche volendo rimanere nel marketing, un conto è magnificare un prodotto tutto nuovo, che nessuno ha mai provato e che quindi si presta al raggiro, e tutt’altro è recuperare la fiducia dei clienti che sono stati delusi in dieci-cento-mille occasioni, sull’arco di svariati anni. 

È qui che casca l’asino. Che casca due volte, in effetti.

La prima volta è quando il PD – anzi il “PD & partner” – minimizza le proprie mancanze, tentando di spacciarle per semplici sviste. Errori di valutazione occasionali, per quanto prolungati. Mentre invece sono autentici vizi costitutivi e hanno poco o nulla di accidentale.

La seconda volta è nel guardare all’ascesa delle destre come a una sorta di allucinazione collettiva. Un bizzarro testacoda della Storia che si è determinato chissà come. Ma che, essendo in antitesi con le meravigliose istanze del progressismo, è destinato per definizione a non durare un granché. Perché il progressismo, mai dubitarne, è il destino obbligato dell’umanità. E perciò, nonostante qualche inciampo lungo la via, o prima o dopo non potrà che trionfare.

È una visione sciocca e sprezzante. Ma non per questo la dobbiamo sottovalutare. 

Sia quando viene agitato lo spauracchio della “democrazia in pericolo”, dipingendo i leader della parte opposta come dei subdoli autocrati. Sia, a maggior ragione, quando ci si erge a guida illuminata e globale: la fascinazione dei populismi si spegnerà, fatalmente, e a riscattare i popoli del mondo ci saranno loro. 

Gli alfieri dei diritti civili e del politicamente corretto. 

Le sedicenti élite – ma in realtà le rapaci oligarchie – dell’alta finanza e della tecnocrazia.

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