Zelensky a Sanremo: la propaganda che invade tutto

di Gerardo Valentini

“Un caso politico”, viene detto e ripetuto in queste ore. Il tema, come avrete già capito, sono le polemiche scatenate dalla decisione della Rai di inserire nell’edizione di quest’anno del Festival di Sanremo – e proprio nella serata conclusiva, che ovviamente è quella in cui ci si attende il massimo ascolto – un intervento preregistrato del presidente ucraino Zelensky.

Di fronte a questa decisione, che mescola l’estrema gravità della guerra e la sostanziale frivolezza di uno show televisivo imperniato su una gara tra canzoni (generalmente mediocri e superficiali, peraltro), più di qualcuno è insorto sottolineando l’incongruenza: che motivo c’è di incorporare in un programma di intrattenimento, che di sicuro non ha come scopo quello di indurre chi lo segue ad accrescere le proprie capacità di riflessione, uno spazio dedicato alla tragedia della guerra? Riservandolo in esclusiva, per di più, al principale rappresentante di una sola delle parti in causa.

La domanda è tutt’altro che retorica. E ha una risposta precisa.

L’intervento di Zelensky è l’equivalente, ma in una versione ancora più subdola, di uno spot pubblicitario.

La logica è la medesima: riversare l’attenzione degli spettatori, che in effetti si sono radunati per assistere a un certo programma, su dei messaggi di altro tipo. La trasmissione si interrompe e compaiono loro. Gli spot. Che ti propongono un prodotto e che lo infiocchettano con immagini e quant’altro allo scopo di renderlo attraente, desiderabile, addirittura irresistibile. 

Da soli arriverebbero “a freddo”. E quindi con parecchie probabilità in meno di conquistare l’attenzione del pubblico. Collocandoli all’interno del programma che sta andando in onda, invece, si ottiene un vantaggio cruciale: si ha a disposizione un pubblico già “caldo”, che essendosi aperto a ciò che ha scelto di vedere è predisposto a recepire favorevolmente anche gli ulteriori input che gli verranno somministrati. Tramite gli annunci pubblicitari, appunto.

E torniamo, allora, allo “spot Zelensky” che ci verrà ammannito a Sanremo.

Una bugia tira l’altra

Piazzare il monologo del presidente ucraino nella serata finale del Festival significa strumentalizzare la vastissima platea televisiva per indurla – ancor più di quanto non sia già stato fatto – ad avere un atteggiamento benevolo verso Zelensky. E, di conseguenza, verso tutte le forme di sostegno che l’establishment occidentale gli va dispensando: dai media mainstream che si ostinano a dare della guerra un’interpretazione a senso unico delle vicende belliche e delle loro cause, alla fornitura di enormi quantitativi di armi via via più sofisticate e ai finanziamenti, ingentissimi, che continuano a susseguirsi.

La “giustificazione” che si è provato a dare è che, essendo Sanremo una sorta di proiezione mediatica del popolo italiano (o persino, sic, la quintessenza dello spirito nazionale) sarebbe del tutto naturale che l’appoggio all’Ucraina si riflettesse anche nella “passerella” regalata a Zelensky.

Ma questa è un’ulteriore mistificazione.

Un sondaggio appena realizzato da Euromedia Research attesta che le cose stanno assai diversamente: il 52% dei cittadini intervistati è contrario all’invio di armi e addirittura il 68% non vuole che ci sia un coinvolgimento diretto della Nato.

Altro che celebrazione collettiva e unanime. Zelensky a Sanremo è propaganda di parte: faziosa per definizione, capziosa da cima a fondo. Ridicola nel fingersi obiettiva. Ipocrita nello spacciare per slancio umanitario un disegno, e un calcolo, di natura prettamente politica.

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