Regionali in Sardegna. Il PD sogna l’Ulivo (che non c’è) 

Di Gerardo Valentini

Stiamo ai fatti, per cominciare.

I fatti sono che alle Regionali della Sardegna, dove si voterà nella sola giornata di domenica prossima, dalle 6.30 alle 22, il centrodestra si presenta al gran completo e i suoi avversari no.

L’ex governatore Renato Soru, che fu eletto nel 2004 con il sostegno di una vasta coalizione di centrosinistra, si è messo di traverso e ha deciso di correre per conto proprio, con i sondaggi che lo danno intorno all’11 per cento. Di sicuro non è abbastanza per vincere. Assai probabilmente, però, è quanto basta per influire sull’esito finale.

Sul fronte della cosiddetta opposizione l’hanno presa male. E il massimo che sono riusciti a fare, accantonando per l’occasione i ben noti dissidi che impediscono analoghe alleanze a livello nazionale, è stato mettere insieme il PD di Elly Schlein e il M5S di Giuseppe Conte. 

La candidata Alessandra Todde, in effetti, appartiene al MoVimento ex grillino e lo stesso Conte ha definito l’accordo «un esperimento». 

Traduzione 1: intanto vediamo come va. Traduzione 2: il presupposto dell’intesa è che siate voi del PD ad avvicinarvi a noi. Oggi, convergendo su una nostra esponente. Domani, con tutti i forse del caso, rivedendo certe vostre posizioni per renderle compatibili con le nostre.

Ah, se tornasse l’Ulivo

All’epoca gli era andata bene e dalle parti del PD continuano a trastullarsi con l’idea che in un modo o nell’altro quel tipo di esperienza (o di espediente) possa essere replicato. Senza rendersi conto – senza voler ammettere – che nel frattempo la situazione è profondamente cambiata. Sia qui in Italia, sia nel quadro internazionale.

L’Ulivo di Prodi, sorvolando sui giudizi di merito, fu un sodalizio vincente e ad amplissimo raggio. Ma la sua nascita risale al 1995 e la sua vicenda, tra alterne fortune, si esaurì completamente nel 2008. 

Le attuali prospettive del PD e del M5S sono del tutto diverse. E quella che hanno allestito in Sardegna non è affatto la prova generale di un’alleanza strategica e di più vasta portata. Detto in termini aziendali, è una “associazione temporanea di impresa”.

L’Ulivo fu un progetto innovativo e a suo modo azzeccato. Pensare di poterlo ricreare oggi è pura follia. O calcolo maldestro. In entrambi i casi, comunque, è il segno di una visione politica a corto di idee e di credibilità.

E allora cosa si fa, in mancanza di meglio?

Si prova a screditare il nemico. A colpi di antifascismo e di malignità assortite. 

Rivelazioni, come no?

L’antifascismo è l’evergreen. Le malignità dipendono dalle circostanze. Se non c’è qualcosa che è già successo, si soffia sul fuoco di quello che potrebbe succedere. Giornalismo raccontato, diciamo così. 

Per esempio questo, apparso ieri su Repubblica. Con tanto di frasi virgolettate. Ma ascoltate/carpite/intuite chissà come.

“L’ultimo a salire sul palco è Matteo Salvini. Suona Mameli, sventolano bandiere. Il leghista si ritrova ai margini della foto di famiglia. Guarda la premier, che gli fa cenno: «Vieni». Lui va. E le sussurra: «Non mi volevi vicino, eh?». Lei sorride mentre canta — «l’Italia s’è destaaa» — e gli tira un colpetto di gomito all’altezza del costato.”

Boh: loro sul palco a Cagliari, per il comizio di chiusura della campagna elettorale, e il cronista di Repubblica evidentemente no. Salvini sussurra, lui riesce comunque a sentirlo. E null’altro gli sfugge. Né una sillaba né un gesto. Men che meno le relative intenzioni.

Ci piacerebbe tanto sapere come fa, illustrissimo Tommaso Ciriaco. Sempre che non ci sia, invece, il segreto professionale.

Leggi anche:

Armocromisti di tutto il mondo unitevi. Il PD in “conclave” a Gubbio

Atreju 2023. Ma quanto dà fastidio una destra vincente?

Zone 30 etc. La gigantesca ipocrisia dei limiti di velocità