L’ultima di Zelensky: stop al “diritto di veto”. Ma solo della Russia

Di Gerardo Valentini

È fatto così, lui. Vuole vincere e prendersi il merito della vittoria, ma grazie a ciò che gli altri gli mettono a disposizione. I capitali e gli armamenti. E tutto il supporto propagandistico, diplomatico, giuridico o presunto tale, che abbiamo visto e continuiamo a vedere dal febbraio dell’anno scorso.  

Zelensky chiede a getto continuo soldi, armi e munizioni: in quantità così ingenti da essere ormai prossime a diventare insostenibili. Mentre i denari sono sempre più virtuali e si possono generare dal nulla, o quasi, gli arsenali sono fatti di prodotti industriali che per essere realizzati richiedono tempo. A svuotare i magazzini può volerci relativamente poco. Per riempirli di nuovo ci vogliono mesi. O addirittura anni.

Inoltre, forte dell’appoggio degli USA e della UE (ma qualcuno direbbe invece del mandato della Casa Bianca, assai prima che avesse inizio la guerra tuttora in corso), sollecita sanzioni di ogni tipo a carico della Russia. A cominciare da quelle economiche 

La sua strategia è questa e la porta avanti a oltranza, con tanto di frequenti rilanci e di fughe in avanti più o meno improbabili. Accade da oltre un anno e mezzo e non ne siamo certo sorpresi. Ma la sua ultima sortita, nel corso della riunione plenaria dell’ONU che si è appena svolta a New York, sconfina nell’assurdo. 

Il tentativo, infatti, è quello di strumentalizzare a proprio esclusivo vantaggio una questione di portata assai più ampia. Una questione autentica, e cruciale, che va ben al di là del caso specifico e che in effetti si sarebbe già dovuta porre da molto, da moltissimo tempo: il diritto di veto che compete ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza. USA, Regno Unito, Francia, Cina e Russia.

Manco a dirlo, però, Zelensky se la prende solo con quest’ultima.

«Il veto russo – si è lamentato a gran voce – rende inefficace ogni azione dell’Onu». Pertanto, «l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbe avere un potere reale per superare il veto. Questo sarà il primo passo necessario se fosse impossibile fermare la guerra, perché tutti gli sforzi sono soggetti al veto dell’aggressore o di coloro che condonano l’aggressore».

Appunto. Il problema esiste da sempre, e da sempre è stato ignorato, ma adesso lo si solleva cogliendone all’improvviso l’intima contraddizione. Che è quella di un’assemblea apparentemente paritaria, con votazioni aperte a tutti i 193 Paesi che ne fanno parte, ma di fatto subordinata al giudizio ristretto del Consiglio di sicurezza. E, più in particolare, a quello detentori del succitato diritto di veto.

Fin dall’inizio. O ancora prima

Le radici storiche risalgono alla “Società delle Nazioni” istituita nel giugno 1919, ma l’anomalia è stata ripresa e ulteriormente consolidata nello Statuto ONU dell’ottobre 1945. Attribuendo a ciascuno dei cinque membri permanenti il potere di bloccare, in modo assolutamente unilaterale, qualsiasi decisione collettiva, indipendentemente dal numero di Stati che l’abbiano approvata.

Queste cinque “superstar”, come abbiamo già ricordato, sono gli USA, il Regno Unito, la Francia, la Cina e la Russia. In base agli schemi dell’epoca – subito dopo il termine della Seconda guerra mondiale e sull’onda della Conferenza di Yalta di pochi mesi prima –  si trattava dei tre capisaldi dell’Occidente liberaldemocratico e dei due massimi esponenti di quello che allora era il mondo comunista.

La contrapposizione ideologica rendeva impensabile che gli uni e gli altri si ritrovassero su posizioni affini riguardo alle linee guida dell’economia e degli assetti mondiali. Perciò, a tutela delle rispettive aree di influenza, preferirono rifugiarsi nei veti reciproci, togliendo all’Assemblea generale qualsiasi possibilità di decidere in modo autonomo.

Il vessillo, o la scusa, era la stabilità globale. La conseguenza pratica, che dopo quasi ottant’anni è ancora lì, è che cinque soli Stati, e al limite anche soltanto uno di essi, hanno sempre contato più di tutti gli altri messi insieme.

Si vuole ragionare su questo? Benissimo. Ma a patto che si sia disposti a rimettere in discussione l’intero principio

Pretendere di introdurre modifiche solo a carico della Russia, come vorrebbe Zelensky, equivale ad aggiungere distorsione a distorsione. Anziché perseguire, finalmente, una vera democrazia planetaria si tenta di estromettere uno solo dei membri privilegiati. 

Guarda caso, quello meno disposto ad assecondare il modello statunitense.  

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