Friuli: il centrodestra trionfa, a Repubblica & C. rimane sul gozzo

Di Gerardo Valentini

Una vittoria annunciata, certo, ma perentoria. E ingigantita dalla sconfitta, altrettanto smaccata, degli avversari: da quelli riuniti in coalizioni opportunistiche e occasionali, come il PD e il M5S, a quelli che almeno in teoria dovrebbero costituire un’entità stabile, come il cosiddetto “Terzo Polo” che riunisce il duopolio Azione/Italia Viva, di Calenda & Renzi, e +Europa.

I numeri sono impietosi. E meritano di essere riepilogati. 

Massimiliano Fedriga, candidato del centrodestra, viene riconfermato alla presidenza con il 64,24%, il suo principale oppositore, Massimiliano Moretuzzo, si ferma al 28,37. Quanto ai singoli partiti, dalla parte dei vincenti quasi tutti hanno ottimi motivi per festeggiare: Lega, FdI e la lista personale di Fedriga sono ai vertici dei consensi, chiudendo rispettivamente con il 19,02, il 18,10 e il 17,77.

Sul versante degli sconfitti, al contrario, si oscilla tra il semplice (semplice?) arretramento e il disastro conclamato. Il PD raccoglie il 16,49, in calo di circa due punti rispetto al 2018, e per gli altri partiti di livello nazionale è una catastrofe. Il MoVimento 5 Stelle racimola un misero 2,40, mentre la volta scorsa era arrivato al 7,06. Al succitato Terzo Polo va all’incirca allo stesso modo, con un malinconico 2,75.

Di fronte a un’affermazione così netta, la logica e l’onestà intellettuale vorrebbero che l’ottimo risultato del centrodestra venisse interpretato come una conferma della sua solidità interna e del suo persistente appeal agli occhi degli elettori, visto che è a Palazzo Chigi già da sei mesi e che aggiunge quest’ultima vittoria alle altre due, ancora più rilevanti, ottenute nelle Regionali dello scorso febbraio in Lombardia e nel Lazio.

Che cosa succede, invece?

Succede che sui “grandi” quotidiani vicini al PD si tenta diribaltare l’accaduto. Silenzio pressoché totale sul mancato rilancio dei Dem, dopo lo strombazzatissimo avvento di Elly Schlein alla segreteria, e bizzarre ipotesi sugli effetti collaterali – collaterali e striscianti, striscianti e futuribili – che il trionfo in Friuli potrebbe avere sul Centrodestra. 

Come dice il proverbio, “fratelli coltelli”. Come fantasticano a Repubblica e dintorni, “alleati avvelenati”.

Pseudo ricostruzioni di qua, omissioni di là

L’asse portante, si fa per dire, è l’idea che tra la Lega di Salvini e FdIdi Giorgia Meloni ci siano gelosie di vecchia data e rivalità insormontabili. Un miscuglio di attriti personali e di dissidi politici che sarebbe momentaneamente congelato per ragioni di convenienza (meglio al governo che all’opposizione, se si deve comunque battagliare per la leadership) ma che potrebbe riaccendersi in qualsiasi momento. Sino a divampare con violenza e mettere in crisi l’unità del Governo. Metterla in crisi o, addirittura, incenerirla.

Repubblica, appunto, prova a seminare zizzania enfatizzando le divergenze. Nell’edizione di ieri, il titolo di apertura proclamava “Pnrr, rissa Meloni-Lega” e poi, nelle pagine interne, si cercava di infettare il successo in Friuli puntando sui contrasti interni alla Lega e dando per certo che essi siano esasperati e pronti a esplodere: “Salvini esulta ma ora nel partito sono i suoi avversari a dare le carte”.

La Stampa, manco a dirlo, procede in parallelo: prima pagina incentrata su un lapidario “Pnrr, il Governo sbanda” e frecciatina alla Lega nel servizio sulla vittoria di Fedriga, dove un titoletto in bella evidenza sottolineava che “Per la prima volta il Carroccio toglie il nome ‘Salvini’ dal simbolo del partito”. 

Una legittima propensione per i retroscena? L’intento commendevole di anticipare gli sviluppi futuri, prima che si palesino?

Solo a senso unico. 

Riguardo al PD, che non solo non migliora ma perde tanto in termini percentuali quanto, e in misura ancora più massiccia, come numero di elettori, ci si limita all’essenziale. Anzi, all’innegabile.

“I dem – titola Repubblica – non risentono dell’effetto Schlein”. La Stampa replica la stessa formula all’interno di un articolo: il “Pd, sotto il 17 per cento, non risente di un traino di Schlein”.

Meglio non approfondire, evidentemente. 

Da bravi analisti a corrente alternata, le performance dipendono dai casi. E dai destinatari. Quando fa comodo ci si concentra – o ci si accanisce – e quando non conviene si sorvola, o si minimizza.

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