Chi vuol mangiare grilli etc. si accomodi. Ma noi vogliamo essere avvisati

Di Gerardo Valentini

Scaffali a sé stanti e ben divisi dagli altri. Scritte frontali che richiamino l’attenzione e che, in particolare, segnalino con chiarezza le possibili reazioni allergiche. Altre scritte esplicative, sul retro, che forniscano ulteriori informazioni.

Gli effetti pratici per gli acquirenti saranno principalmente questi e sono fissati nei quattro decreti interministeriali presentati dal Governo. Ai quali ci permettiamo di aggiungere un suggerimento: che la stessa chiarezza venga estesa ai luoghi in cui si vendono gli alimenti già pronti. A cominciare dai ristoranti ma senza escludere nessun esercizio di somministrazione, ivi inclusi i fast food.

L’aspetto più positivo, comunque, è che queste scelte dell’esecutivo  poggiano su un approccio tanto nitido quanto condivisibile. “I cittadini – ha sintetizzato via Twitter Giorgia Meloni – devono poter scegliere consapevolmente ed essere informati sotto ogni punto di vista”.

Come si dice, non fa una grinza. E se questo è vero in linea generale, al punto che il principio dovrebbe essere talmente radicato da rendere quasi pleonastico doverlo ribadire, lo diventa ancora di più in questo caso. Sia per il tipo di alimenti di cui parliamo, sia per la campagna propagandistica che ne sta accompagnando la comparsa nei circuiti della grande distribuzione

La comparsa e, nelle intenzioni dei promotori, l’avvento.

Alle solite: a tirare i fili è Bruxelles

Il cardine dell’operazione, manco a dirlo, è il via libera della UE. Che le cosiddette farine di grilli, le larve di varia provenienza e altre analoghe delizie le fa rientrare nella categoria onnicomprensiva, e accattivante, di quello che viene chiamato “novel food”. Ovvero, citando dal sito salute.gov.it, “tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo ‘significativo’ al 15 maggio 1997 in UE, e che, quindi, devono sottostare ad un’autorizzazione, per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio”.

Sul piano concettuale, ossia politico, ossia strategico, questa apertura progressiva (e progressista…) ha radici lontane. Ma in termini normativi ha avuto inizio un paio di anni fa. 

Come ha riepilogato il sito Eunews circa un mese fa, “nel giugno 2021 [è arrivato] il primo colpo alla fortezza della tradizione culinaria europea, con l’autorizzazione al commercio nel mercato unico delle larve gialle essiccate del tenebrione mugnaio, conosciute banalmente come tarme della farina”. 

Dischiusa la porta, le autorizzazioni successive sono solo questione di tempo. Spianando la strada, con il protrarsi o addirittura l’intensificarsi delle sollecitazioni mediatiche, a un consumo via via più massiccio e probabilmente, ahinoi, sempre più disinvolto. O persino compiaciuto: perché il messaggio insinuante su cui si fa leva, in questo e in tanti altri casi, è il consueto e ingannevole miscuglio di necessità e di scienza. O meglio: di “necessità” e di “scienza”, con le virgolette.

Una “necessità” più o meno discutibile, ma accreditata come oggettiva e ineluttabile. 

Una “scienza” più o meno asservita a chi la finanzia sia direttamente che indirettamente, ma spacciata per libera ricerca e depositaria unica del sapere.

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