Buoni pasto, arriva la stretta

Con la legge di stabilità 2015, dal 1° luglio 2015, è previsto l’incremento della quota non sottoposta a tassazione dei “buoni pasto” da 5,29 euro a 7 euro, a condizione che tali buoni siano in formato elettronico. Secondo la C.M. 29/97, l’importo massimo escluso da tassazione deve intendersi riferito al valore facciale del buono e all’ammontare complessivo dei buoni pasto utilizzabili dai lavoratori dipendenti per ciascun giorno lavorativo e deve essere considerato al netto delle somme eventualmente poste a carico del dipendente e dei contributi previdenziali e assistenziali versati.

L’importo dei buoni pasto che eccede il suddetto limite concorre a formare il reddito di lavoro dipendente. L’art. 3 del DPR 207/2010, definisce “buono pasto” il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al possessore, ai sensi dell’art. 2002 c.c., il diritto ad ottenere dagli esercizi convenzionati la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, con esclusione di qualsiasi prestazione in denaro.

La C.M. 326/97 ha, inoltre, stabilito che “i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere cedibili, né cumulabili, né commerciabili e né convertibili in denaro; gli stessi, quindi, dovranno consentire soltanto l’espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti”. In linea generale, il buono pasto elettronico consiste in apposita carta elettronica, leggibile tramite terminali POS abilitati.

In pratica, il datore di lavoro definisce a monte, con la società emittente, il valore del buono utilizzabile tramite la suddetta carta e il dipendente utilizza la carta degli esercizi. Le card sono dotate di apposito badge elettronico e caricate con il numero dei buoni corrispondente ai giorni di effettiva presenza in servizio.

Giovanna Greco

Coordinatrice Movimento Cantiere Italia Regione Abruzzo